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Fondation IPT

A proposito di… “Genitori al lavoro. L’arte di integrare figli, lavoro e vita” a cura di Girelli L. e Mapelli A.
di Elena Cianitto

Un libro illuminante che mette in luce temi a volte di!cili da trattare come la relazione tra l’ambito personale e l’ambito professionale.
Nello specifico tratta di madri e le sprona a riflettere sugli stereotipi della buona madre (che sta a casa con i figli) e della cattiva madre (che torna al lavoro) e tratta dei
nuovi padri che passano dalla figura di patriarca a “mammo”, coinvolto attivamente nella gestione della casa e dei figli.
Un libro che punta a far riflettere in modo strutturato, con spunti scientifici sul di!cile “lavoro” di gestione del work-life balance, con spunti che si legano in modo diretto
alla realtà. Promuove un dialogo costruttivo tra azienda, padri e madri.
Uno stile scientifico ma non accademico, diretto che arriva dritto al punto in modo però delicato e rispettoso delle diverse posizioni.
La fondazione IPT attenta alle tematiche delle aziende e delle persone ha costruito una formazione che supporti le aziende e le madri nella ripresa del lavoro dopo la
maternità, nel tentativo di migliorare il work-life balance delle lavoratrici e il loro approccio al lavoro.


I timidi possono essere leader?

Questa è una domanda che forse tutti i timidi si sono posti almeno una volta nella vita, come tante altre: potrò mai essere un leader? Potrò mai parlare in pubblico senza sentirmi a disagio? Potrò mai smettere di sentire l’ansia che sale? Potrò trovare le parole giuste? Che figura farò?

Queste sono alcune delle domande che un timido si pone nelle situazioni sociali, domande che traducono una difficoltà che a volte non riescono a superare se non con tanto impegno.

La timidezza è un concetto diverso dall’introversione: una persona introversa non ricerca attivamente situazioni sociali ma si sente adeguato in queste situazioni quando gli capitano e l’essere da soli è ricercato come momento rilassante e necessario.

Se ci soffermiamo su questi due concetti, introversione e timidezza, capiamo subito che probabilmente i timidi evitano o rifiutano, anche quando le vorrebbero, le opportunità di leadership a causa del disagio soggettivo che provano nelle situazioni sociali (parlare in pubblico, esporre il proprio punto di vista, relazionarsi con altri) mentre la persona introversa tenderebbe probabilmente a non ricercarle ma se gli vengono affidate potrà portarle avanti senza sentire disagio ma con profitto e funzionalità.

Per fare un esempio: un timido in una riunione pensa continuamente a come e quando intervenire per riuscire ad esprimere il suo punto di vista, sente disagio crescente aspettando il momento giusto di intervenire mentre l’introverso rimane in disparte in ascolto riflettendo attentamente su quanto si sta dicendo e parlerà quando ne sentirà la necessità e ne avrà l’intenzione.

Una persona timida potrebbe essere un ottimo leader poiché possiede moltissime competenze che non sa forse di poter utilizzare in questi contesti.

Una persona non è mai riducibile ad una sola caratteristica o competenza, è un insieme di competenze; la persona timida dunque non è solo timida!

Magari è riflessivo, all’ascolto dell’altro, non impulsivo nell’espressione e maggiormente capace di concentrazione, profondo e competente nel suo lavoro, capace di cooperazione.

Per cui la timidezza può far pensare alla persona timida di non poter mai essere un leader ma non è assolutamente così! L’importante è cominciare un processo di conoscenza di sé che porti a comprendere le tante competenze possedute e individuare quali tra queste possano essere il proprio “cavallo di battaglia” sul quale puntare per aiutarsi nelle situazioni in cui ci si sente in difficoltà.

La leadership non è solo un qualcosa di connaturato ma è anche qualcosa che si può apprendere, per cui …Forza timidi, la vostra leadership vi aspetta!


Curiosità… il piacere della scoperta – L’escape Room e il team Building

di Elena Cianitto

Nella formazione degli adulti, nel coaching, nei team building aziendali ma anche in contesti terapeutici, il gioco riveste un ruolo importantissimo per lo sviluppo delle persone, dei gruppi sociali e di lavoro.

Questo perché è uno spazio e un tempo diverso dalla realtà̀ pressante di ogni giorno e dalla convenzionalità̀ sociale. In questo spazio, senza pericolo e senza conseguenze, ognuno di noi sospende i modi e il ritmo della vita ordinaria per lasciar emergere se in modo genuino; può̀ rivisitare senza pericolo il suo modo di fare o essere o ipotizzarne dei nuovi, senza dover arrivare subito ad una decisione irreversibile.

La escape room è un gioco di team in cui insieme cooperando dobbiamo arrivare ad una soluzione  dell’enigma proposto.

Ci alleniamo alla cooperazione e al lavoro insieme, creiamo una squadra che attraverso il “Noi” arriva in modo coeso all’obiettivo. L’obiettivo è uscire dalla stanza che rappresenta come in una metafora, l’ottenimento di un risultato importante per il gruppo di lavoro. Ognuno dei partecipanti ha un modo specifico di cooperazione o di non cooperare che in questo gioco può emergere ed essere fonte di grande riflessione e permette di trasferire queste riflessioni e competenze nella realtà professionale e privata.

Non dimentichiamoci però la parte divertente del gioco! Che stimola e dona emozioni positive utili all’apprendimento: se si apprende o ci si sperimenta con emozioni positive, rimarrà una traccia positiva indelebile nella mente delle persone.